VENTIMESI

5 12 2010

"LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA", 1931

Tanto, tantissimo tempo che non scrivo. E alla fine, ora che è notte e dovrei già dormire, uno sguardo è caduto sul calendario del mio computer. 6 Dicembre.

Un altro sei del mese. Un sei più in là, il ventesimo.

La storia si scrive e si sedimenta in anni, in secoli. Ma tutti fatti di infinitesimi giorni, ed io ho la sensazione di vivere guardando una clessidra che si lascia sfuggire grani di sabbia alla stessa impercettibile velocità, da appunto venti lunghissimi mesi.

Non una minima accelerazione, non un clamoroso intoppo che faccia sussultare anche i più restii a notare la realtà delle cose.

Capita per fortuna di rado, ma se ti fermi a rifletterci, astraendoti dalle quotidiane distrazioni, dalle quasi quotidiane, (fortunatamente) soddisfazioni hai la sensazione di trascorrere la vita in attesa che qualcosa succeda per davvero.

I primi sei mesi hai aspettato in un camper, ora aspetti in 40 metri quadri di una “casetta” non tua. Ma sempre di attesa si tratta.

Così domani, ancora un presidio della memoria, ancora un mesto rito. Ancora una dolorosa fiaccolata tra case distrutte, che distrutte restano, ancora.

Venti mesi, con la sensazione che ci si stia allontanando sempre più dalla normalità che avevamo, e non (purtroppo) che ci si stia avvicinando al punto di ritrovarla.

Venti mesi, altrove, sono un compleanno e un paio di vacanze in più.  Venti mesi, qui, fanno una vita.

Una vita che non ci siamo potuti scegliere,e che per un caso, ci è stata risparmiata.

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IN ATTESA DEL PROSSIMO SHOW

1 09 2010

Le scosse non si sono mai fermate, in realtà.

Solo un mese fa abbiamo scoperto che “la macchina” del terremoto era partita a Giugno 2008, e non a Dicembre, quando abbiamo cominciato ad accorgercene, avvertendo le scosse nelle nostre case. Finché siamo stati nelle nostre case.

Poi il disastro, la commozione di una nazione intera, i volontari, a migliaia che accorrevano a dare il loro aiuto. Fondamentale aiuto. Anche se per troppi di noi era troppo tardi.

Oggi le scosse tornano a far parlare di loro, e così ne sapete qualcosa anche voi che vivete lontano da L’Aquila e da quello che è ormai efficacemente racchiuso nel termine “cratere”.

Ma è un film già visto, e in realtà per noi aquilani mai interrotto.

Nella zona di Montereale (15 km da L’Aquila) dall’inizio dell’anno ci sono state quasi 2000 scosse. 200 di queste avvertite dalla popolazione. A più riprese, e solo sui giornali locali, si è parlato dell’allarme che suscita la faglia che attraversa quei comuni di montagna. Dell’allarme per la diga di Campotosto, poco distante.

Tutto ciò finora è valso unicamente a produrre, dopo le scosse di ieri, un’ordinanza cautelativa che ha poco da dire, ed ancor meno fa per proteggere realmente la popolazione. Il centro storico della mia città è stato chiuso nuovamente, è inaccessibile e presidiato. Anche nelle parti messe in sicurezza, che evidentemente non devono essere davvero sicure. Nonostante i milioni spesi, anche e soprattutto vostri, nostri.

Torna la paura, riaffiorano vecchie inefficienze mai sanate: il Comune dell’Aquila non aveva e non ha un piano d’evacuazione noto alla popolazione. Forse non ce l’ha affatto. Non aveva e non ha aree di raccolta segnalate dove le persone possano rifugiarsi in caso di terremoto. Non aveva e non ha aree deputate ad installare campi tenda forniti di servizi elettrici ed urbanizzazioni. Il comune dell’Aquila è pari, in termini di prevenzione del rischio sismico, ad un comune sardo, che con il terremoto non dovrà mai fare i conti.

Noi invece i conti li abbiamo fatti e come. 308 morti, spariti per sempre. 56000 sfollati ancora oggi, su una popolazione di 72000.

E tutte le altre conseguenze che ben conoscete si sommano a questo fardello che già  solo così sarebbe insostenibile.

Le cose, nonostante tutto, non cambiano. Giuliani parla, dice la sua. I geologi dicono la loro. Altri, e troppi, restano ancora in silenzio. La popolazione è frastornata, e giustamente diffidente. Verso gli uni e gli altri.

Il Dipartimento di Protezione civile è assente, non fa nulla per intervenire in modo preventivo. E’ un film già visto. Già si sa che arriverebbero nuovamente in migliaia se qui dovesse esserci ancora una scossa distruttiva. A cose fatte.

Non è quello che vorremmo. Non è quello di cui si avverte il bisogno.

Nell’ordinanza emessa ieri il Sindaco ha stabilito la chiusura fino al 3 settembre di tutto il centro città, e di tutti i cantieri di messa in sicurezza, anche nelle frazioni.

Nessuna parola, nessun provvedimento sulle abitazioni che sono utilizzate in agibilità parziale dagli aquilani, nemmeno su quelle case e condomini che sono cantieri di ristrutturazione per metà e nelle quali gli aquilani, in pieno rispetto delle leggi, abitano da mesi. Loro non meritano cautele, avvertimenti. Loro, come tutti noi, sono lasciati all’istinto di sopravvivenza. E’ grave, ma è un assurdo passo avanti rispetto a quando si affermarono certezze di non- terremoto, smentite una settimana più tardi dai fatti. Anche allora, esattamente una settimana prima furono chiuse le scuole per due giorni: il tempo di verifiche strutturali. Poi furono riaperte. Nella notte tra il 5 e il 6 aprile molte di esse crollarono o furono seriamente danneggiate. Se il terremoto fosse arrivato alle 9 di mattina sarebbe stato un massacro ancora peggiore.

A nulla erano valsi questi timidi accenni precauzionali. Non giustifica però il fatto che oggi, se ne facciano di ancora più timidi.

Manca solo la messa del vescovo, ad invocare Sant’ Emidio, protettore della città contro i terremoti. Pure quella ovviamente, valse a nulla.

Nessuno ha predisposto nulla per andare incontro ad una nuova possibile emergenza, anzi no.

Il comitato 3e32, con una mossa davvero efficace e sensata, ha ricordato a quanti si sentano insicuri nelle proprie abitazioni, che negli spazi autogestiti delle “CaseMatte” ci sono servizi e posto per mangiare e montare tende, portare camper o roulotte.

Cose di questo genere dovrebbe farle uno Stato degno degno di questo nome e della maiuscola. Di maiuscolo, qui, invece, ci sono solo la pazienza, l’intelligenza e la prudenza degli Aquilani. Rimasti soli, in attesa del prossimo show.

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Aggiornamento: lo show, è partito. Il  Commissario Chiodi, ha dato disposizione affinché siano montate le tende a Montereale. Gli Aquilani hanno dato il buon esempio, ancora una volta, a questi incompetenti.





SETTE ANNI DI DISGRAZIA (LO SPECCHIO ROTTO)

4 08 2010

I “finiani” dopo aver lasciato che la legalità venisse equiparata alla ragione stessa della loro esistenza e della loro contrapposizione coi “Berluscones”, alla prima prova dei fatti dimostrano di saper rinunciarvi con scioltezza.

Si astengono sul voto di sfiducia su un sottosegretario ALLA GIUSTIZIA, (di un governo massone) accusato di aver tramato, in una loggia massonica, contro le istituzioni, e nella fattispecie contro l’indipendenza della Corte Costituzionale. Robetta, insomma.

L’assessore regionale alla Protezione Civile, Ambiente e Rifiuti Daniela Stati si dimette dopo che la Procura dell’Aquila ne chiede l’interdizione cautelare dai pubblici uffici a seguito di un’inchiesta, con tanto di intercettazioni dalle quali si evince senza ombra di dubbio che lei ed il padre (ex democristiano tesoriere della DC e finito ai tempi d’oro in carcere per finanziamento illecito dei partiti) erano fatti oggetto di regalie da parte dell’imprenditore Angeloni, che così sperava di ottenere appalti nella Ricostruzione.

Addirittura regalò all’assessore un diamante (che è per sempre, diversamente dalla galera)  del valore di 15.000€ (un consigliere regionale abruzzese ne guadagna “solo” 13.000 circa) ed al padre dell’assessore un televisore definito “grosso”.

E così fanno due, perché forse ricorderete che mesi fa, quando emerse la vicenda degli sciacalli che ridevano, saltarono fuori anche altre intercettazioni in cui Denis Verdini, (che nel frattempo di guai ne accumulati un altro po’ anche altrove) consigliava uno degli imprenditori del consorzio Federico II di andare a trovare il Commissario Chiodi (presidente della Regione) perché era “un amico”. E gli appalti li ebbero,sembrerebbe,  per circa 10 milioni di Euro. A riguardo indaga la Procura nazionale antimafia.

Insomma, la Giunta Regionale, quando non è in ferie (se ne sono appena concessi un’altra trentina di giorni, dopo la pausa di 42 giorni consecutivi che ricorderete tra Marzo e Aprile) lavora ed anche sodo, a quanto pare.

Non per il bene della popolazione Abruzzese e men che meno per quella Aquilana, ci mancherebbe:

– Dei 46 milioni incassati per risarcimento assicurativo dell’Ospedale dell’Aquila non si hanno tracce, nessuno sa dove siano, e nel frattempo l’ospedale ha riaperto senza mensa, (i pasti arrivano dal Lazio, immaginate che bontà) ed i lavori procedono a detta di chi deve lavorarci e viverci all’insegna del rattoppo.

– qualche milione di Euro che evidentemente per L’Aquila non serviva è finito a Chieti per iniziative culturali (soldi delle donazioni a favore dei terremotati) e a Pescara per interventi sul suo aeroporto.

– Il Presidente nonché Commissario un giorno dice che il denaro è finito, il giorno dopo specifica che non tutto è finito e che il rimanente sa di averlo perché (con una gaffe senza pari) dichiara di averlo “sul suo conto personale”.

Parlassimo di cazzi degli altri mi verrebbe pure da riderci su, e pensare ad una fiction liberamente tratta dal titolo ” La giunta più pazza del mondo”, oppure non so “i soliti ignoti”, o magari “criminali allo sbaraglio”. Così non è purtroppo. E il Comune non è da meno: la maggioranza non esiste più, il Sindaco si regge sulla sua poltrona solo perché un commissariamento del Comune per ora non lo vuole nessuno, e alla prova dei fatti si naviga a vista, per di più con un occhio chiuso.

In due mesi si sono dimessi vari tra assessori, consiglieri e pure un dirigente del Comune.

Il Governo da par suo, minaccia di rimandare la Protezione Civile a gestire la “fase 2”, quando è chiaro ormai ai più che la fase 1 ancora imperversa e chissà che casino mastodontico vivremmo se al commissariamento della regione si aggiungesse quello del Comune e poi quello della Protezione Civile, magari nel periodo, che non si annuncia breve, di un possibile Governo tecnico di transizione che ci porti a nuove elezioni.

E in tutto questo, le caserme mezze vuote dell’Aquila non si sa ancora chi debba occuparle, la Finanziaria approvata ha prodotto una stortura burocratica per cui i cantieri della Ricostruzione vengono bloccati perché le aziende non sono in regolare posizione contributiva e dunque non possono presentare il DURC al Comune che le potrebbe, finalmente, pagare per il lavoro svolto. E parliamo di ricostruzione leggera.

I cinque saggi selezionati per lavorare alle linee guida della ricostruzione appena hanno preso parola hanno parlato di ricostruzione partecipata, di contributo della gente alle idee da mettere in campo, e a quelli che da un anno e mezzo ci mettono in disparte perché “minoranza rumorosa” credo sia venuto un mezzo infarto. Immagino che non li rivedremo più, i saggi.

L’Aquila aspetta l’esplosione di tutte queste vicende la cui soluzione si rimanda da troppo tempo. Del resto siamo arrivati ad Agosto, si va comunque in ferie e già verso la fine di Settembre il nostro clima ci imporrà una pausa forzata dei lavori. Per il centro storico ed i paesi del circondario sarà il secondo inverno con i tetti scoperchiati, così che dove non è arrivato il terremoto, arriverà la neve a fare il resto.

Dicono che la classe politica di un Paese è lo specchio della sua popolazione; un’immagine così distorta delle brave persone che immagino esistano anche in Italia la può restituire solo uno specchio rotto, sbriciolato in mille pezzi.

E forse è vero, è davvero così. Non mi stupirei, del resto. Fanno sette anni di disgrazia. Nel caso, siamo solo al primo.

SETTE ANNI DI DISGRAZIA (LO SPECCHIO ROTTO)





IO NON ABDICHERO’

29 07 2010

La notizia mi ha trovato in Assemblea Cittadina.

Via la gestione degli Enti Locali, torna tutto alla Protezione civile.

Al silenzio con cui per i primi secondi è stata accolta ha fatto eco, nella mia mente, una sola immagine. Sassaiole, barricate. La città a ferro e fuoco. La città assediata.

E lo sconforto, per un attimo ha avuto il sopravvento.

Io non voglio la ricostruzione militare.

Io non voglio ancora imposizioni.

Io non voglio essere ospite in casa mia.

Io non voglio deroghe.

Io non voglio l’assistenzialismo.

Io non voglio l’assenza dei controlli.

Io non voglio una ricostruzione indiscutibile.

Io non voglio piani fatti da altri per il mio futuro.

Non voglio le regole speciali, voglio fondi speciali.

Non voglio censure ed ancora militarizzazione.

Io voglio disegnare con la mia comunità il nostro futuro.

Voglio che ci sia condivisione.

Voglio che ci prendiamo il tempo che serve per riconoscerci tutti nella città di domani.

Voglio che domani sia meglio di oggi. Ma meglio anche di ieri.

Voglio che si dimostri che la legge è un valore, non un ostacolo.

Voglio pensarla con tutti, la città di domani.

Nessuno deve insegnarci a pensare.

Nessuno deve venirci a comandare.

Nessuno deve essere al di sopra della legge, non più.

Leggi chiare e i soldi che servono. Un progetto che piaccia a tutti noi, che ci renda orgogliosi della città che avremo.

Così L’Aquila sarà ricostruita.

A L’Aquila oggi. A L’Aquila, se vorremo, anche domani.

Per volontà si resta e per volontà si va. Ma nessuno può imporci la fuga da casa nostra. Se è questo che si vuole ci sarà guerra, e sarà stata voluta non da noi. Non c’è più niente da perdere, e tutto ciò che resta è da difendere. A cominciare dal nostro diritto all’autodeterminazione.

A costo di barricarci dentro le mura, chiuderci le porte della città alle spalle e respingere l’invasore finché ne avremo le forze.

E’ il confronto tra chi vede nella legge un valore o un ostacolo.

Tra chi vede nei diritti del singolo e della comunità i limiti delle proprie libertà.

E’ la battaglia campale tra libertà collettiva e sopruso del singolo.

E’ il confronto tra la volgare semplicità della dittatura da un lato, e la nobile complessità della democrazia dall’altro.

Scelgo il valore delle leggi, scelgo i diritti della comunità e dei singoli, scelgo la libertà e la ricostruzione democratica. “il popolo sovrano” è un concetto che va riempito di contenuti, cominciando da quì e da questo affronto.

Voi TUTTI, dovete scegliere il vostro lato. Siete obbligati ad una scelta. E per la scelta che fate, essere disposti a mettervi in gioco.

Se non l’aveste capito, si comincia da oggi. E si fa sul serio.

Il popolo è sovrano, e io non abdicherò.

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SOTTO(UN)TETTO

23 07 2010

Questo post rientra di diritto nella categoria del blog intitolata al “miracolo aquilano”. Ebbene sì. E’ però un miracolo posticipato. Dopo le CASE, dopo i MAP, dopo il Fondo Immobiliare e l’abortito tentativo di piazzare i 1700 nuclei familiari in esuberoall’interno dei MAR (container su ruota), arriva l’asso nella manica!

IL SOTOTETTO ABITABILE!

Novelli Giuseppe e Maria, anziché girovagare alla ricerca della stalla, ed usufruire della famosa e Santa mangiatoia avranno, entro l’autunno (con la calma che si richiede affinché tutte le cose siano fatte per benino) il loro riparo aquilano e torneranno dall’esilio forzato sulla costa.

Quando si diceva che si sarebbe assicurato un tetto a tutti gli sfollati, dite la verità, che non vi aspettavate nemmeno voi che ci fosse da prendere l’affermazione alla lettera!

Vespa direbbe: ma allora preferivate i container? SI, PER DIO!

Roba da battere la testa al muro, se non fosse di cartongesso, quello che ho nella C.A.S.A…..

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UNA CAGNA IN MEZZO AI MAIALI

23 07 2010

Non sembra una notizia d’apertura per il TG1, che ultimamente riferisce,( tra un servizio sul caldo e uno sui disagi dei cani),con maggior tempestività e solerzia i messaggi da Silvio al suo popolo amorevole.

Non è quindi una notizia per l’Italia, e non è una novità per noi, aquilani, che comunque da mesi ne sappiamo un po’.

Contrariamente alle convinzioni della classe politica locale degli ultimi dieci anni (almeno), la camorra, le mafie in genere a L’Aquila come in Lombardia e dovunque hanno i loro uomini. E dopo il 6 aprile, L’Aquila è il loro avamposto. Chi non c’era si è attrezzato, ed è arrivato qui.

Persino il nostro ex-Prefetto, (oggi vice di Bertolaso alla Protezione CIvile) si era detto certo che il rischio di infiltrazioni nei lavori meritasse “attenzione, ma non allarme”. E dire che di materiale, sulla questione dei subappalti per il Progetto CASE e le scelte fatte a riguardo da Prefettura dell’Aquila e Protezione Civile ce ne sarebbe tanto. Ma pure di questo non ne avreste saputo nulla se non grazie alla rete. La notizia che mancherà all’appello nei TG occupati a ricordarvi che se avete caldo dovete restare al fresco, che sennò i nonnini stirano le gambe e ce li giochiamo, pur non essendo per noi una novità, ci turba ugualmente.

Il 7 aprile 2009,infatti secondo le intercettazioni – per ora ancora riportabili a mezzo stampa e bavaglio permettendo- c’erano amici dei Casalesi al telefono con un aquilano che (se le accuse risulteranno fondate, cosa ancora tutta da accertare) era attivo per assicurargli un ingresso nell’opera della ricostruzione aquilana,attraverso una nuova azienda creata -per l’accusa- allo scopo.

Circondata tra cemento, cricche, curie(1 e 2 solo per citarne alcune), prefetti indagati per concorso in turbativa d’asta, a prescindere dalla notizia odierna(che potrebbe pure rivelarsi una non notizia), L’Aquila di oggi è così:

Una cagna in mezzo ai maiali. Come diceva De Gregori.

Ma lo era anche ieri,(senza che diventasse notizia) e qui troppa gente sosteneva con insostenibile determinazione e certezza il contrario. Asserivano che a L’Aquila le mafie non attecchivano; altro che sottobosco delinquenziale, già da prima di questo episodio si poteva parlare di una vera e proria foresta criminale.E lussureggiante, per giunta.

Con la buona volontà di pochi, si cerca di fare luce, di disboscare, di riuscire alla luce del sole. Di accertare colpevoli e possibili innocenti tirati in mezzo. ( tra i 52 indagati, per l’aquilano è stata respinta dal gip di Napoli la richiesta d’arresto per “insussistenza del quadro indiziario”).

Mentre il TG1 vi spiega come combattere il caldo, da noi già prima di oggi era lunga la lista di chi doveva andare al fresco. Il consiglio al Tg1 è di parlarne. La galera può essere un ottimo rimedio per la calura estiva; potrebbero cogliere l’occasione per parlare di cose serie.

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COLLEZIONE BERTOLASO

22 07 2010

Guido Bertolaso oggi raddoppia il bottino.

Solo ieri Poggio Picenze aveva deciso, a maggioranza, di conferirgli la cittadinanza onoraria; e già oggi gli fa eco il comune di Ocre.

Nei giorni seguenti, lo stesso copione si ripeterà altrove, nei comuni del Cratere.

C’è poco da dire, e poco da osservare a riguardo.

Solo tre giorni fa, sono stato insieme ad altri amici dell’Assemblea Cittadina di Piazza Duomo a Poggio Picenze. La piazza era gremita; i volti erano stanchi e segnati da un anno orribile come quello che abbiamo alle spalle. Ancor più segnati di quanto fosse lecito attendersi, giacché le prospettive future non sono migliori dei ricordi recenti.

Ma quei volti, interrogati, hanno risposto.

Quella popolazione di un borgo medio-piccolo del Cratere Aquilano nulla sapeva delle intenzioni del loro Sindaco. Manco a dirlo, di centro-destra.

Mi è venuto spontaneo chiedere loro se gli sembrasse normale tutto questo.

Che i loro dipendenti, questo sono gli eletti, ed ogni tanto vale la pena ricordarlo, agissero di soppiatto in nome e per conto loro.

Gli ho detto che avrebbero dovuto parlarne, e poi decidere ciò che volevano. Per essere pro o contro una simile decisione, ma almeno discussa. CONDIVISA.

Si sarebbero riuniti nei prossimi giorni nella loro prima assemblea anche loro, hanno battuto le mani a chi gli ha portato uno stimolo a riscoprirsi comunità. A riscoprire che mai come oggi c’è bisogno di parlarsi, anche malamente; se necessario anche di scontrarsi. Ma non ci si può ignorare. Non si dovrebbe mai, ed ancor di più oggi, che siamo tutti con un piede sulla porta per andarcene via e mollare questa valle bella e maledetta dall’uomo al suo oblio predestinato.

Si sarebbero riuniti, e lo faranno senz’altro appena anche loro sapranno trovare un  luogo come ce lo siamo dovuti guadagnare noi. Si incontreranno, anche se è tardi.

Da ieri annoverano Bertolaso tra i loro concittadini. Una presenza pesante che lo stesso interessato, con una lettera, aveva tenuto a precisare ufficialmente, non dovesse scaturire da un gesto di parte. Ché se per farlo si fosse dovuta dividere una comunità, non l’avrebbe voluto.

Bontà sua.

La maggioranza di Poggio Picenze, ha deciso che la riconoscenza di una comunità verso un singolo non la si “sente” dall’interno: la si impone anche a chi non la condivide.

E tutti, pro e contro, dovranno attendere le decisioni della magistratura per sapere se in città, hanno “onorato” un santo o un malfattore. Nel qual caso, sarebbe stato malfattore anche nei loro confronti e per le loro vicende seguite al terremoto.

Collezionare cittadinanze onorarie è un divertimento di pochi, contro la vergogna di molti. Ci passa sempre tutto sulla testa, ma non si leva mai dallo stomaco.

Ed è uno sfregio che non si dimentica.

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DI DENARO E D’ALTRE SCIOCCHEZZE

21 07 2010

I soldi c’erano, ma non li potevamo spendere meglio.

I soldi c’erano, ma non li sapevamo spendere.

I soldi c’erano, ma non li sapevamo chiedere.

I soldi c’erano, e non ci sono più.

La parabola dei quattrini spesi sul terremoto ieri ha scritto l’ultimo capitolo. Ora è tempo che chi ci ha portato in giro per un anno e mezzo, si levi dalle palle e vada, più utilmente, a prestare la sua opera nei campi. Sempre che non vogliano fare danno anche lì. E sempre che nessuno decida di accoglierli con i forconi.

Nel frattempo, dal Giornale aspettiamoci un titolo del tipo: “Gli Aquilani vogliono l’albergo gratis”.

dice Spinoza.it a questo proposito: Quest’albergo non è una casa!

Rimontiamo le tende? La stagione è ottima.

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OPERETTA AQUILANA (in “n” atti)

17 07 2010

Solo ieri la notizia che è stato individuato, con ritardo inopportuno, un pool di cinque esperti di fama (mondiale?) incaricati di avere idee sulla ricostruzione della città. E’ partito subito il can-can cui siamo soliti essere sottoposti (ma mai abituandoci a tollerarlo) dei grandi annunci, dei grandi rilanci. In gergo calcistico, forse si direbbe delle “verticalizzazioni del gioco”. Non so, non me ne intendo di calcio. Né ci tengo ad erudirmi.

Ma la notizia di ieri, il grande stile con cui si è sciolto il “necessario riserbo” di cui il Presidente di Regione e Commissario straordinario (boh) del Governo parlava il 6 aprile 2010 nel famigerato “Porta a Porta” cui, sventuratamente partecipai, desta motivata diffidenza.

Egli desiderava creare una sorta di ansia anticipatoria sulla rivelazione di questi nomi, che forse all’epoca ancora non esistevano sulla carta.

Insomma ho come l’impressione, per tornare al parallelismo col calcio, che Chiodi (nella fattispecie) abbia tirato una gran cannonata di palla verso l’alto. Con l’augurio che tutti, a terra, restino il maggior tempo col naso all’insù, seguendone la parabola. Parabola che, sottostando alle leggi della fisica (e nel nostro caso dell’economia spiccia), sarà inevitabilmente discendente.

A questo si aggiunge un fattore distraente in più, del quale ho già parlato, ma che voglio ricordare. Il quintetto di esperti, è vecchio, vetusto, pluri-premiato, annovera componenti esteri, gode di fama.

Il messaggio è chiaro: noi poveri cafoni non avremmo gli strumenti, per un lavoro così complesso. Che richiede saggezza ( e di qui l’età), competenza ( e di qui i premi e pluri-premi), pazienza ( e così si spiega anche perché dovevamo aspettare quasi 16 mesi per arrivare alla loro designazione).

Al momento, la palla lanciata ieri è ancora in ascesa, ma sta già rallentando. Contrastata dalla gravità, la sua parabola comincia a flettersi, e tendere pericolosamente di nuovo verso il suolo.

Pesa sul suo cammino, l’evidenza dei fatti: come il dettaglio, acclarato, che i soldi non ci sono.

Con cosa verrà finanziata l’esecuzione dei progetti di lorsignori? Circa l’onere di progettazione, siamo certi invece, che i saldi saranno rapidi. Non vorremo fare anche la magra figura di dimostrare lentezze burocratiche persino nel saldare gli onorari di cotanti illuminati progettisti, la cui fama( che li precede) promette che non verranno per quattro denari.

Luminari scelti con lentezza pachidermica,  nell’assenza di indiscrezioni che il “necessario riserbo” prevede, arrivano anch’ essi calati dall’alto, gettati sul tavolo come un poker d’assi, promettendo che loro risolveranno il problema.

Attraverso le idee, promette Chiodi. E dire che di idee ne abbiamo messe per iscritto molte, e importanti. Impegnative e provenienti da chi di questa e della futura città dovrà far uso, e non più abuso.

Abbiamo però lo svantaggio innegabile d’aver lavorato gratis, da subito, e d’essere privi di pedigree. In più d’essere, mediamente, molto più giovani della nostra classe politica, e della casta chiamata a darci idee illuminate.

Come in tutte le commedie, quando lo sceneggiatore ha fatto un po’ troppo casino con i personaggi sul palco, quando dagli intrighi non si viene più fuori e la trama non avanza, è buona norma calare dall’alto delle quinte, il solito “DEUS EX MACHINA” a cui regista, librettista e sceneggiatore, si affidano speranzosi.

Mette a posto tutto lui, e il pubblico, sollevato dalla prospettiva di un fine allo strazio, si lascia trascinare in un fragoroso applauso, mentre il direttore d’orchestra dà fondo alle ultime energie, sempre più scapigliato, sognando il camerino e lanci di rose.

E’ successo dopo il terremoto, e quel ruolo se lo contendevano in due. Uno bassotto e tracotante, l’altro brizzolato, con una cervicale problematica, dissimulava assai bene la sua tracotanza. Allora il pubblico, ancora nel pieno di uno spettacolo che non avrebbe mai voluto vedere, gli ha creduto. Ed è restato, in buona fede, col naso all’insù a vederli dare ordini e governare un’uscita (dignitosamente credibile?) dal primo atto.

Oggi viviamo il secondo atto. E dal teatro siamo noi a non voler uscire. Non più, ora.

Compresi alcuni dei meccanismi messi in campo, scalpitiamo insofferenti alla calata di un quintetto, ove prima c’era il succitato duo. Evidentemente, per compensare l’assenza di quei calibri, occorre aumentare il numero dei soccorritori.

Finora richiamare personaggi celebri (basti pensare all’acclamazione di Fontana a capo delle struttura tecnica di missione mai decollata) ha solo avuto la strumentale funzione di allontanare la cittadinanza ed i suoi saperi espressi professionalmente dal momento delle decisioni. Penso al Collettivo99, al loro lavoro mai preso in considerazione. Giovani tecnici aquilani, destinati da queste cricche ad essere solo liberi pensatori. A fare esercizio di stile, quando avremmo potuto da più di un anno fare un più proficuo esercizio DI CANTIERE, se solo fossero stati ascoltati.

Mi si dice che è da provinciali criticare sin dall’inizio. Mi si dice che noi dovremmo aspirare al “vaglio” delle scelte che costoro faranno per noi e la nostra città. Così verrà il giorno in cui saremo noi, criticandole, ad essere accusati di ritardare la ripresa.


Beh, di fronte a tutto ciò, dal loggione(non ci spetta la platea, figurarsi il palco!) vi giungano i miei più sinceri e fragorosi fischi.

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GERONTOCRAZIE, PROVINCIALISMI.

16 07 2010

C’è voluto più di un anno per trovarli. Era meglio non attardarsi ancora di più: gli esperti designati per progettare la ricostruzione dell’Aquila sono a detta di chi li ha scelti, volti e menti notissime del loro campo.

Premi qui, premi là. Non sono nostrani, ci mancherebbe.

Chiodi avrebbe definito questa scelta esotica un segno di “sprovincializzazione” del nostro territorio. Sarà, ma di solito, non sono proprio i provinciali a non credere nelle loro capacità e a rinnovare il pensiero che “fuori” le cose siano tutte migliori?

Resterò col dubbio.

E resterò con il timore che non ce la facciano. Che la sfida si riveli troppo onerosa, e lunga.

Già, il fattore tempo è purtroppo determinante non solo per noi che restiamo, ma anche per loro. Gioca un tantino a loro sfavore, infatti, che abbiano 330 anni in 5.

E noi che speravamo fosse il tempo di ricostruire ripensando la città per come dovrà essere tra 30,50 anni. Come renderla modernamente funzionale, senza rinunciare alle sue peculiarità storiche.

Mai che sia fiducia a chi si forma oggi. A chi pensa ad un domani perché nel domani dovrà vivere.

Temo si corra il rischio di affidarci a chi del domani non avrà notizie. A chi dell’oggi pensa solo quanto sia peggio di ieri, e meno peggio di domani.

Ci ricostruirà un gruppetto di arzilli vecchietti che fanno 330 anni in cinque. E chi ricostruirà loro?

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