L’Aquila – Haiti / Haiti – L’Aquila

14 01 2010

Dalle mie parti si dice: “Ju cane mozzica sempre ju stracciò”, il cane morde sempre lo straccione, il più indifeso.
Ci risiamo. La natura ha deciso di fare la voce grossa un’altra volta, e noi, piccoli esseri capaci di distruzioni su larga scala, per un’altra volta soccombiamo.
Che la forza della natura non sia sottoposta al controllo di nessuna entità superiore e d’animo “buono”(basterebbe quello,nemmeno pretenderei fosse misericordioso), ce lo ricorda se mai ce ne fosse stato il bisogno, il terremoto di Haiti.
Nello stato più povero del mondo che solo uno e due anni prima era stato devastato da 4 tra i più potenti cicloni degli ultimi anni, ora arriva quest’altra immane distruzione. Sempre qui, a questo proposito, si sarebbe detto: “sopra allo cotto, l’acqua bollente”, sulla scottatura acqua bollente, dalla padella alla brace, e così via.
Forse ci saranno 50.000 morti, c’è chi ne azzarda addirittura 500.000; la previsione statistica dà ragione a queste cifre enormi, inimmaginabili,persino per me che sono Aquilano, ed il ricordo di quelle 307 bare in fila nella caserma della Guardia di Finanza, ce l’avrò per sempre stampato nella memoria a caratteri indelebili.
In una città con quasi 3.000.000 di abitanti, un terremoto di tale potenza ha con buona probabilità ucciso mezzo milione di persone, ma non mi stupirò quando arriveranno, come fu già per lo tsunami, notizie sull’impossibilità di quantificare le perdite umane. Moltissimi, non saranno nemmeno più ritrovati.
Per uno Stato come Haiti, adesso assistiamo alla mobilitazione mondiale, ai buoni propositi del giorno dopo, allo slancio sincero di chi del volontariato fa una ragione di vita, e a quello vergognoso di chi, per professione, questi slanci e queste forze umane costruttive è abituato a cavalcarle, per ripulirsi le coscienze: i politici, tutti.
Quegli stessi politici che da decenni osservano uno dei paesi più poveri del mondo affogare tra rivolte e guerre civili che spargono sangue tra disperati, senza muovere un dito se non per mettere a tacere le grida di dolore e rabbia di quell’umanità varia che abita un simile girone dantesco.
Mai che sia mosso un dito per risolvere, con un progetto concreto, anche uno solo dei mille problemi che li affliggono: nel mondo, non solo in Italia, si risponde all’emergenza, con “misure tampone”, misure straordinarie.
Non le si evitano mai, le emergenze, non lo si fa dentro casa propria, figurarsi se sia mai possibile farlo per chi è uno sconosciuto, magari straccione.
Adesso si rincorrono notizie (poche e frammentarie) di atti di sciacallaggio, di violenza, di caos. Lo sciacallaggio, lo conosciamo bene,qui a L’Aquila. Ma alcuni lo conoscono in parte, conoscono le notizie dei media principali, perché siamo tutti un po’ pigri: si sa dei Rom che hanno saccheggiato i nostri appartamenti, giorni dopo il terremoto, ma nessuno cita mai quelle vetrine dei negozi del centro, che di sicuro alcuni aquilani,(quelli si, con la A minuscola) la stessa notte del terremoto hanno svuotato di gioielli e vestiti, beni di lusso, come quelli che si vendevano in centro da noi. Nessuno sa di quel macellaio che vendeva giorni dopo il terremoto carne ai suoi concittadini ad 80€/Kg.
Ad Haiti, si saccheggia per fame,sete, per avere quello che ti dovrebbe spettare di diritto, dove il diritto non esiste. Ed è una cosa ben diversa.
Le analogie con quello che ho vissuto solo 9 mesi fa non mi sembrano affatto poche, nei fatti. Non si somigliano soltanto esteticamente, i colonnati distrutti della Prefettura dell’Aquila e del Palazzo Presidenziale di Port au Prince : entrambi si uguagliano nel significato,più allegorico, di uno Stato al collasso.

Già nel 2001, un fisico Aquilano, aveva fatto presente con le sue rilevazioni, iniziate in occasione del terremoto (1997) di Umbria e Marche (che pure scuoteva per bene le nostre case, a più di 100 km di distanza) che il centro storico aquilano era soggetto ad un’amplificazione delle sollecitazioni causate dall’onda sismica, che nel sottosuolo del centro cittadino andava incontro ad un fenomeno ben noto in fisica: la risonanza. L’effetto era ben prevedibile, e difatti era stato previsto: un terremoto, nel centro storico, ottiene un’amplificazione della sua reale intensità, ed un allungamento del tempo di oscillazione: dura di più della vera scossa, ed è anche più forte.

Lo aveva studiato, detto, ed anche scritto a Roma : bisogna rendere sicuri gli edifici del centro storico, anche poco per volta, ma si deve iniziare. E’ rimasto inascoltato, anzi di più. E’ rimasto fuori dalla stanza dei bottoni, ricevendo quell’ostracismo che si merita sul campo chi propone una cosa nell’interesse di molti anziché pochi “eletti”; quello che merita chi ha a cuore quei tanti che vivono e investono le loro vite in un posto bellissimo e reso pericoloso non dalla natura, ma dal malaffare.
Che non fosse possibile mettere in guardia gli Haitiani, poco importa. Per loro non si è fatto nulla per la miseria quotidiana in cui vivevano. Cambia poco, il disinteresse è simile, mutatis mutandis.
La tragedia, puntuale come ad Haiti, si è abbattuta su di noi: non senza farsi preannunciare, ma chi aveva il compito quantomeno di allertarci, se non vogliamo chiedere loro di proteggerci, ha fatto di più, e ci ha tranquillizzati, invitando a rientrare nelle proprie case, con i megafoni, quelli che per sano istinto di sopravvivenza, si erano messi al sicuro.
Adesso la magistratura indaga, e ci dovrà dire se quanto è stato fatto negli ultimissimi giorni(la Commissione Grandi Rischi si era riunita a L’Aquila il 31 Marzo 2009), ancor di più di quanto NON è stato fatto negli ultimi decenni, rappresenti una colpa, una causa diretta o indiretta dei nostri 307 morti. Qualcuno di loro, magari sarà stato tranquillizzato,da quelle persone che poi oggi ci dicono che “i terremoti non si possono prevedere”.
Rispondo io: proprio perché non si può, a che titolo venite a tranquillizzarci, a chiederci di rientrare in casa? Lasciateci fare, non costa nulla, e se qualcosa dovesse andare storto, senza volerlo, salvaguardiamo anche voi che occupate una di quelle che vengono definite “posizioni di responsabilità”, rivestendole con un’aura di prestigio. Occupare quella posizione, quell’incarico, comporta responsabilità. Salvo quando ci si deve sedere, un giorno, in aula di Tribunale.
Lì, le responsabilità si sgretolano ancor di più delle nostre case; tutti agiscono per ordine superiore, o si dicono impotenti. Non ha funzionato al processo di Norimberga questa scusa, e spero non funzionerà nemmeno nel nostro Tribunale a L’Aquila.
Ci sono 307 domande, che aspettano una risposta.
E allora ripenso ad Haiti, e al suo imprecisabile numero di morti, agli aiuti umanitari che arrivano sostenuti da quei governi che, ipocriti, si accalcano oggi ad essere i primi, i più buoni. I più salvifici Salvatori scesi in terra, sfruttando quella moltitudine di gente onesta che abbandona le proprie case calde per aiutare degli sconosciuti e per di più gratis.
Vi compiango, amici Haitiani: nel momento del bisogno, vi commuoverà questa enorme mobilitazione mondiale, crederete di non essere dimenticati nel prossimo futuro.
Crederete che il Mondo, per voi, ha deciso una buona volta di fare quello che deve; finalmente, invertire la rotta.
Tra un anno ci troveremo tutti a non sapere più nulla di voi, e dei vostri destini.
Anche voi, come L’Aquila, sarete vittime di un sistema che non crolla nemmeno sotto queste scosse poderose di cui la natura è capace. Altra storia per le nostre vite, le nostre case, i nostri cocci rotti. Che rotti restano.


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12 responses

14 01 2010
Pherlayne

Bell’articolo, grazie.

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14 01 2010
federico

Grazie a te, per averlo letto. Se credi e se puoi, diffondilo. Quì, lo leggono in pochi…

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14 01 2010
Boniface Millian

La macchina degli aiuti si e` messa in moto *benedicendo* una tale tragedia. Piu` la situazione e` disperata piu` le migliaia di ONG si sfregheranno le mani. Gia` iniziano a circolare centinaia di conti correnti verso cui dirigere fiumi di denaro che persone misericordiose sono disposte ad offrire, ma che solo in minima parte arriveranno a chi ne ha veramente bisogno, e serviranno per i nobili scopi a cui sono destinati.

L’economia della catastrofe e` una manna per chi non e` riuscito ad entrare nel business della speculazione.

Non e` una critica a quelle persone che sono disposte a sacrificarsi per spirito d’altruismo. E` una constatazione del fatto anche loro fanno parte, inconsapevolmente di questo meccanismo. E soprattutto del fatto che gli stati hanno abdicato al loro ruolo di controllori e di gestori degli aiuti.

In Italia le tragedie sono gestite con le collette tramite gli SMS e le vendite di svariati tipi di fiori o frutti, all’estero tramite le ONG.

Certo, ce ne sara` una percentuale la cui vocazione e` autentica, ma l’impressione e` che la maggiorparte sia solo un sistema di raccolta fondi che col terremoto o la catastrofe di turno hanno ben poco a che fare.

L’umanita`, globalmente, ha perso il senso della solidarieta`. Il capitalismo e` riuscito a infiltrare anche cio` che di buono poteva ancora essere.

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14 01 2010
federico

mi trova d’accordo..
Per di più a questo che è un dato di fatto, in Italia ci apprestiamo ad aggiungerne un altro, non appena la Protezione Civile diventerà S.p.A., ed il business sulle sciagure sarà un obiettivo da perseguire alla luce del sole, legittimato da questo governo.

ps. una curiosità personale: vorrei sapere in che modo sono arrivato a Parigi col mio blog..

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14 01 2010
Boniface Millian

Le vie di Facebook sono infinite 🙂

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14 01 2010
Chiara

Ciao Federì, ho raggiunto l’articolo dal gruppo di fb…interessante e mi trovi d’accordo…

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14 01 2010
mimmo

Da: Tennina Fabrizio
Inviato: giovedì 14 gennaio 2010 12.57
A: (personale BNL – Gruppo BNP Paribas L’Aquila)
Oggetto: R: solidarietà

Vorrei appoggiare Medici Senza Frontiere che sta già operando in loco, e sicuramente ha bisogno anche del nostro aiuto.
Il link x trovare alcune informazioni è:

http://www.medicisenzafrontiere.it/msfinforma/comunicati_stampa.asp?id=2260&ref=testataHomepage1

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14 01 2010
ezio bianchi

“Crederete che il Mondo, per voi, ha deciso una buona volta di fare quello che deve; finalmente, invertire la rotta….Altra storia per le nostre vite, le nostre case, i nostri cocci rotti. Che rotti restano.”
Le stesse parole, più o meno, le disse a me terremotato dell’Aquila, il 22 aprile 2009, a via Strinella, un terremotato dell’Irpinia.
Non volevo crederci, avevo visto la televisione.
Se si potesse bisognerebbe avvertire di stare attenti anche alla televisione…

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14 01 2010
federico

abbiamo guadagnato in consapevolezza. almeno noi, che pochi siamo, ma possiamo essere ogni giorno qualcuno in più. In certe cose ci si deve passare, e a molti, nemmeno basta.

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15 01 2010
maria luisa serripierro

dopo cinque anni di esperienza nella cooperazione internazionale come ufficiale di progetto in africa, sono scapaata a gambe levate da quel mondo finto, di finti buoni sentimenti, di finti volontari, di finti slanci umanitari. sono d’accordo, d’accordissimo con boniface, salvo su un punto: chi lavora nelle organizzazioni non governative, così come quelli che lavorano nelle agenzie dell’onu, o per la cooperazione governativa, sa benissimo cosa sta facendo. non è mai inconsapevole, perchè le storture e le contraddizioni diquel mondo si palesano immediatamente. già dopo una settimana di lavoro, bisogna sottostare ad una infinita serie di ingiustizie e ruberie, e compromessi e mediazioni…quindi chi è dentro, accetta. non è peccato, per carità, non siamo ingenui fino a questo punto. il peccato è vendere l’informazione sbagliata, portando ste persone come simbolo del mondo buono. che non esiste, in questo settore.

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3 02 2010
EMERGENZE EMERGENTI « Stazione MIR

[…] Se ne era già parlato, qui, all’indomani del terremoto di Haiti. Da Aquilano consapevole dei meccanismi oliati che possono mettersi in moto quando succede una catastrofe anche mille volte più piccola di Haiti, covavo la disillusione per quei poveri cristi: sotto schiaffo, si è vulnerabili e qualsiasi cosa arrivi ad aiutarti, è benvenuta. Dopo, se si riesce, arriva il momento delle considerazioni più globali ed approfondite. Vista da qui, e senza l’angoscia comprensibile di quella popolazione non certo da Gennaio diventata indigente(tranne che agli occhi dei Governi mondiali), era evidente che anche il caso Haiti sarebbe diventato un business, un affarone con cifre da capogiro. E chi le avrebbe mai negate, col consenso popolare, se queste cifre fossero state destinate solo ed esclusivamente ad aiuti umanitari? […]

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7 02 2010
Samantha Mathews

Let us ALL pray for Haiti and not be critical of any assistance given by any nation.

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