L’EFFETTO CHE FA

31 12 2011

C’è più d’una valida ragione per aggiungere due nuove righe a questo diario.
Non solo perché un anno si sta concludendo,anzi: da sempre non amo i festeggiamenti del 31 Dicembre che mi inducono un sentimento misto all’ansia e alla più profonda tristezza, nelle ore immediatamente precedenti la mezzanotte. Stavolta, però il prossimo anno comincia con un evento importante. Senza dubbio per me uno dei più importanti degli ultimi anni. Vado a vivere a Parigi per lavoro, e ci resterò fino a marzo. La prima volta che vado a vivere da solo, e per di più a 1500 km da casa. La sesta volta che torno a Parigi, ma la prima dopo il terremoto. Solo negli ultimi giorni, con l’avvicinarsi della partenza mi sono accorto di quante cose avvertirò la mancanza. E non mi riferisco solo alla vicinanza della mia ragazza, della famiglia, delle amicizie. E’ paradossalmente anche di questa dura realtà che ora, a due giorni scarsi dalla partenza, sento di avvertire la mancanza. Perché di fatto sento di vivere in un ambiente opprimente ma in qualche modo “protetto” in senso lato. Come se negli ultimi due anni e mezzo intorno a L’Aquila e a noi superstiti il bozzolo che ci avvolgeva da decenni si fosse ancora più infittito lasciandoci in uno stato d’animo (e di fatto) paragonabile a quello di un’ enclave. Una riserva “indiana”. Siamo rimasti tra noi, avvolti dalla nostra realtà atipica e vuota, priva di tutto ciò che riempie le vite delle normali cittadine d’Italia e del mondo. Ridotti a vivere in casa (o C.A.S.A./M.A.P), è come si avessimo perso (o sopito?) i “sensi” propri di ogni animale sociale. Conduco una vita ristretta in pochi spazi( C.A.S.A/lavoro) da più di due anni, e tutto ad un tratto mi trovo proiettato in una città come Parigi. Il misto di eccitazione ed ansia che ne deriva non è solo dovuto alla novità, ne sono convinto.
E’ come se avessi timore di abituarmi troppo in fretta all’oceano di opportunità che mi si pareranno di fronte, per poi dover di nuovo dopo soli due mesi imparare nuovamente a reinserirmi in una realtà depressa come quella Aquilana. Mi piacerebbe poter inaugurare una sezione temporanea del blog nella quale raccontare le impressioni di questa nuova vita “a scadenza”. Una specie di diario sperimentale, per vedere cosa viene fuori e cosa ne penserò una volta tornato qui, tra le mie montagne ed i miei mucchi di sassi.
Dal momento che ad ogni fine d’anno tutti si abbandonano ai buoni propositi per l’anno che verrà, voglio chiudere con l’augurio che in questo preciso istante mi sento più adatto: che una volta trovata la via per andare via di qui, non costi troppa fatica dover ripercorrere la strada al contrario.
In fin dei conti vado solo ad affacciarmi in una vita normale. Per vedere l’effetto che fa.


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2 responses

31 12 2011
Mimmo

Se la corda è lunga l’aquilone (cerf-volant ) volerà in alto.

(Proverbio Francese, trovato in un Bacio Perugina proprio ieri e che mi pare adatto al tuo momento storico).

Buon anno, Papà

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1 03 2012
mamozzi

Ho detestato L’Aquila finché c’ho abitato.
M’è mancata appena me ne sono andato.
Come siamo fatti strani…

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